Si tratta di una moneta alquanto controversa, la cui attribuzione, sia per quanto riguarda l'autorità emittente sia la zecca di produzione, a nostro parere non è stata ancora stabilita con certezza. Di questa moneta d'argento da mezza siliqua si conoscono due tipi diversi: il primo tipo presenta uno stile elegante di tipo italiano e, nel rovescio, vi è una corona d'alloro composta da due parti simmetriche, destra e sinistra, che fa da cornice ad un monogramma; da notare, inoltre, che il busto raffigurato nel dritto, presenta quattro borchie ornamentali disposte in linea obliqua. Il secondo tipo, invece, presenta uno stile diverso e, nel rovescio, vi è un cerchio perlinato, o lineare, unidirezionale tra la corona d'alloro ed il monogramma. Entrambi i tipi di moneta condividono il medesimo monogramma del tipo attribuito a Matasunta da de Lagoy [1843, p. 4]. Va rilevato che all'epoca di de Lagoy non vi era alcuna certezza in merito all'attribuzione di questa moneta; infatti, Friedlaender [1844, pp. 42-43] ci informa che gli esemplari di questa moneta presenti sia nel catalogo del Gabinetto Danese (Giustiniano n. 25) sia nel Münterschen Museum (Theil III Seite 40 n. 8979), entrambi del secondo tipo, non riportano l'interpretazione del monogramma presente nel rovescio. Friedlaender [ibid., p. 43], inoltre, nota argutamente che il cerchio presente nel rovescio delle monete, tra la corona di alloro ed il monogramma, non è presente in alcuna moneta ostrogota; decoro questo, aggiungiamo noi, tipico delle monete coniate a Cartagine e difatti due esemplari di questa moneta sono custoditi, oltre che in quelli di diversi Paesi Europei, anche nel Museo di Cartagine. Tuttavia, Wroth, conferma l'attribuzione del monogramma a Matasunta e, di questa moneta, cataloga sia il primo [BMC Vand, p. 80, n. 1] sia il secondo tipo [ibid., pp. 80-81, nn. 2-5]. L'anno di emissione è ipotizzato nel 536 o 538 mentre le zecche di produzione sono individuate in Ravenna, per le monete del primo tipo, ed in Ticinum o Costantinopoli, per le monete del secondo tipo. Indicazioni, queste, che Wroth [ibid., pp. xxxvi-xxxvii] ha modo di dettagliare nella nota introduttiva dedicata a Matasunta; inoltre, rispondendo alla possibilità, ipotizzata da Friedlaender [v. supra], che queste monete possano essere state coniate a Costantinopoli, si spinge ad ipotizzare (mettendo in guardia il lettore in merito all'azzardo di tale teoria in mancanza di prove) che le monete in questione (del secondo tipo) potrebbero essere state coniane a Costantinopoli nel 550 per sostenere la prevista spedizione di Germano Giustino, nipote di Giustiniano, in Italia e, nel contempo, validare le pretese di quest'ultimo a diventare Governatore d'Italia attraverso l'unione delle casate di Giustiniano e di Teodorico.
Sabatier [I, p. 204, n. 1], il quale non indica la zecca di produzione e propone solo il disegno della moneta del secondo tipo, data questa moneta con l'anno 540 e l'attribuisce a Matasunta: "Matasunda, sœur d’Athalaric, fut mariée contre son gré à Witigès; il est probable qu’elle occupa momentanément le trône après la mort de son mari. On ne connaît de cette impératrice qu’une monnaie d’argent, avec la tête de Justinien I". Tuttavia, la recente storiografia data la morte di Vitige nel 542. In ogni caso, seguendo il pensiero di Sabatier, l'anno 540 può essere comunque plausibile perché è in quell'anno che Vitige fu sconfitto da Belisario, fatto prigioniero e portato a Costantinopoli.
Il CNI cataloga sia la moneta del primo tipo [X, p. 652, nn. 1-2] sia quella del secondo tipo [ibid., p. 652, n. 3], attribuendole entrambe a Matasunta ed alla zecca di Ravenna. Poi, per quanto concerne la loro datazione, scrive che "È creduto, da alcuni, che Matasunda abbia occupato momentaneamente il trono alla morte del marito; ma, secondo il Sambon [1912, pp. 12-13, n. 71], sembra più probabile che, essendo essa nipote di Teodorico e sorella di Atalarico, abbia fatto coniare le monete col suo monogramma al principio del regno di Vitige". Precisiamo che Sambon [v. supra] cataloga solo la moneta del secondo tipo, attribuendola alla zecca di Ravenna.
Successivamente, Grierson [1959, pp. 119-130], dopo avere visionato la collezione Cigoi-Del Negro-Tartagna, conservata presso il Museo Archeologico di Udine, attribuisce all'opera del noto falsario italiano Cigoi le monete del primo tipo (in quanto un esemplare di queste è presente nella citata collezione), ritenendo, invece, quelle del secondo tipo delle emissioni fatte coniare, sicuramente, a Cartagine, forse, dal capo Moresco Mastina. Dopodiché, Morrisson [BNC I, p. 103, n. 4/Ct/AR/08], che cataloga solo la moneta del secondo tipo, si limita a citare Grierson [v. supra], allineandosi alle sue conclusioni per quanto concerne la zecca di produzione delle monete, aggiungendo, tuttavia, una sua personale preferenza per quanto concerne la loro attribuzione: “Je préfère plus simplement lire ce monogramme DNIVSTINIANI et laisser cette série parmi les émissions impériales de Carthage”. Pertanto, da questo momento, senza ulteriori spiegazioni a supporto di questa nuova tesi, le monete in oggetto diventeranno delle emissioni imperiali di Giustiniano. Infatti, senza più entrare nel merito della questione, così sarà sia per il MIB [I, p. 18, n. 53] sia per il MEC [1, p. 37], di cui Grierson è il coautore, il quale, a proposito di alcune monete d'argento attribuite a Matasunta, riporta che "The silver coins of Italia fabric with one of these (BMC Vand, pl. 10.11) [le monete del primo tipo] are in fact forgeries of Cigoi. The remainder [le monete del secondo tipo], which are of clear African fabric, were wronly attributed by Grierson [v. supra] to the Moorish chieftain Mastinas whose activities are known to us from Procopius. They are now recognized to be regular Justinian from the mint of Carthage".
Rileviamo, dunque, l'abbandono della teoria, inverosimile, relativa al monogramma identificativo di Mastina; tuttavia, stando alle attuali conoscenze, riteniamo che il monogramma presente nel rovescio di queste monete non è in nessun modo associabile a Giustiniano ma, piuttosto, a Matasunta (matasvnda) e anche se, indubbiamente, le monete del secondo tipo, di cui discutiamo, presentano degli elementi stilistici riconducibili alla zecca di Cartagine, luogo in cui gli ostrogoti non hanno mai esercitato il loro dominio, siamo certi che la loro attribuzione a Giustiniano rappresenti una sorta di facile soluzione condivisa, anziché il risultato di uno studio esposto in modo esauriente, per mettere fine ad un problema tuttora irrisolto. Infatti, occorre considerare che, oltre - eventualmente - a questa moneta, non si conoscono emissioni di monete d'argento a nome di Giustiniano che riportano, nel rovescio, un suo monogramma; inoltre, è di rilevante importanza osservare che l'uso del nome dell'autorità dominante associato al monogramma dell'autorità emittente, nell'epoca qui considerata, è propria della sola monetazione ostrogota italiana, ripreso dalla tradizione merovingia. In ogni caso una domanda sorge spontanea: Cigoi ha inventato un'emissione di sana pianta o ha replicato una moneta esistente? Infatti, occorre considerare che, per realizzare il monogramma tradizionalmente attribuito a Matasunta, il noto falsario friulano doveva, per forza di cose, esserne a conoscenza. Perché, allora, se accettiamo l'ipotesi che le monete originali sono solo quelle del secondo tipo, inventare una moneta quando si poteva falsificare l'originale che è comunque una moneta rarissima? Per questo motivo, riteniamo plausibile, seppur remota, l'esistenza di esemplari originali di moneta d'argento di Matasunta del primo tipo, più rari di quelli del secondo tipo, dai quali Cigoi avrebbe ricavato i disegni per la fabbricazione delle sue falsificazioni. Già negli anni Sessanta dell'800, Carlo Kunz, conservatore del Museo Bottacin di Padova, nutrì seri sospetti in merito all'enorme numero di rarità presenti nella collezione del Museo di cui era il conservatore e, all'uopo, produsse un dossier, mai pubblicato, che provava l'attività fraudolenta di Cigoi. Nel 1870 Cigoi vendette la sua collezione; tuttavia, i sospetti generatisi in merito alla bontà delle monete vendute portarono, nello stesso anno, ad un processo che si concluse con la condanna al Cigoi di riprendersi la collezione appena venduta [Zambelli 1846, passim], poi confluita nella collezione Cigoi-Del Negro-Tartagna, conservata presso il Museo Archeologico di Udine. Pertanto, nel 1870 l'attività del Cigoi era di dominio pubblico; inoltre, l'esemplare del primo tipo catalogato da Wroth [BMC Vand, p. 80, n. 1], fa riferimento alla presentazione della moneta in oggetto, effettuata nel 1890 dal reverendo Greville J. Chester, al British Museum di Londra, a conclusione di un suo viaggio nel Levante ed in Egitto dove, assieme ad altri reperti, acquisì la moneta. Lo stesso Wroth [ibid., p. 80, nota n. 3] è ben informato della presenza di falsi moderni della moneta, come indicato in calce nella nota riferita, stranamente, al rovescio della moneta, da lui catalogata, del secondo tipo: "A modern forgery of these types is noted in Num. Zeitschrift, xxvii, p. 123". Infine, come abbiamo già avuto modo di illustrare, il CNI [X, p. 652, nn. 1-2] pubblica, nel 1927, ben due esemplari, di cui uno solo riprodotto, con legenda del dritto leggermente diversa l'uno dall'altro, della moneta del primo tipo.
Brunetti [pp. 70-71, n. 477], basandosi unicamente sull'osservazione delle immagini delle monete pubblicate nelle diverse opere, non lascia spazio ad alcun dubbio e, come già fatto prima di lui da Grierson [v. supra], ritiene che, per il fatto che un esemplare di esse è presente nella collezione Cigoi-Del Negro-Tartagna, tutte le monete del primo tipo sono delle falsificazioni del Cigoi. Metlich [2004], nella sua opera relativa alle coniazioni degli ostrogoti in Italia, omette entrambi i tipi di questa moneta, confermando così il pensiero, oggi dominante, che attribuisce questa moneta alle emissioni regolari di Giustiniano. Ranieri [2006, pp. 100-101, nn. 310-311], invece, cataloga solo le monete del primo tipo, attribuendole a Matasunta ed alla zecca di Ravenna, datando la loro coniazione tra il 536 ed il 540. Tuttavia, rileviamo che le immagini presenti in quest'opera sono le solite note e cioè quelle pubblicate da Wroth [BMC Vand, p. 80, n. 1], la n. 310, e dal CNI [X, p. 652, n. 1], la n. 311.
Da una comparazione relativa alle monete del primo tipo, abbiamo rilevato che quelle pubblicate da Wroth [BMC Vand, p. 80, n. 1] e nel CNI [X, p. 652, n. 1] provengono da conî diversi tra loro ed entrambe sono diverse da quella presente nella collezione Cigoi-Del Negro-Tartagna e illustrata da Arslan [2006, p. 143, n. 128]; anche i loro pesi differiscono: le prime due monete, allineate con il peso teorico delle mezze silique, pesano 1,37 e 1,41 grammi, la terza 0,98 grammi. Inoltre, importantissimo, c'è da considerare quanto scritto da Arslan [v. supra], nel suo contributo, relativo alle monete ostrogote del museo di Udine, in merito al succitato esemplare presente nella collezione Cigoi-Del Negro-Tartagna: "Monogramma del tipo attribuito a Mathasuntha dal de LAGOY 1843, p. 4, poi accettato dal BMC Vandals. Invenzione del Cigoi". Dunque, Arslan, ritiene che l'esemplare a cui si riferisce sia una invenzione del Gigoi; tuttavia, quello che più ci interessa rilevare è che egli cataloga questa "invenzione" tra le monete ostrogote, più precisamente: "Regno Ostrogoto; Giustiniano-Matasunta (534-536)". Per quanto concerne, invece, il controverso monogramma, l'insigne studioso si rifà, come già accennato, all'originaria interpretazione di de Lagoi [v. supra].
Visto quest'ultimo contributo, che non può essere sottovalutato, abbiamo il dovere di riconsiderare con molta attenzione l'attuale attribuzione di queste monete, anche perché è alquanto improbabile che il monogramma in oggetto possa essere attribuito a Giustiniano; infatti, è del tutto priva di fondamento, oltretutto senza precedenti, l'ipotesi che la lettera d, presente nel monogramma, possa essere associata al titolo di dux o dominus, come teorizzato da Grierson [1959, p. 129], riferendosi a Mastina, peraltro senza molta convinzione: "[...] since even if it was not very usual there is no insuperable objection to the abbreviated form of a title being incorporated in a monogram". Tuttavia, le monete in questione (quelle del secondo tipo) presentano evidenti particolari stilistici delle monete coniate a Cartagine, città, quest'ultima, che non ha mai subito il dominio ostrogoto. In definitiva, riteniamo che non vi sia alcun elemento ostativo a ritenere Cartagine il luogo di produzione di queste mezze silique del secondo tipo; tuttavia, non consideriamo affatto risolta la problematica inerente all'interpretazione del monogramma che, di fatto, condiziona tanto la definitiva attribuzione dell'autorità emittente quanto quella della zecca di coniazione. Pertanto, in merito alle monete in oggetto, si può affermare che, in mancanza degli opportuni rilievi scientifici, non è possibile stabilire con certezza sia l'autorità emittente (Matasunta, Mastina, Giustiniano, altro) sia la zecca di produzione (Ticinum, Costantinopoli, Ravenna, Cartagine, altro) sia il periodo di coniazione (536-540, 550-551, altro).
Matasunta era figlia di Amalasunta, che, a sua volta, era l'unica figlia del re ostrogoto Teodorico, che, su mandato dell'imperatore romano d'Oriente Zenone, sconfisse Odoacre (il quale, nel 476 depose l'ultimo imperatore romano Romolo Augustolo) ottenendo, da Zenone, il titolo di Re d'Italia. Alla morte di Teodorico, avvenuta nel 526, Amalasunta divenne la reggente del proprio figlio Atalarico, fratello di Matasuna, che all'epoca aveva dieci anni. A seguito della morte di quest'ultimo, avvenuta prematuramente nel 534, Amalasunta, nel tentativo di conservare il potere, associò al trono ostrogoto il cugino Teodato, duca di Tuscia. Tuttavia, Teodato fece assassinare Amalasunta l'anno successivo, per poi morire egli stesso nel 536. A Teodato succedette Vitige, che, tuttavia, non era di nobile ascendenza.
Vitige, nel 536, allo scopo di rafforzare la propria posizione, obbligò Matasunta a sposarlo entrando così nella famiglia di Teodorico. Nel 538, nel corso della guerra gotica contro i bizantini, Matasunta si trovava a Ravenna, che era assediata dagli imperiali, e fu accusata di avere dato mandato di bruciare i magazzini di grano della città al fine di consegnarla ai bizantini. Tuttavia, nel 540, il generale bizantino Belisario entrò in Ravenna, fece prigioniero Vitige e fece portare a Costantinopoli la coppia regale ostrogota, dove, nel 542, Vitige morì. Nel 550 Matasunta, vedova e senza figli, fu data in sposa a Germano Giustino, cugino e favorito dell'imperatore Giustiniano I, destinato, da quest'ultimo, a diventare il comandante supremo in Italia. Giustiniano, stava operando per riportare i territori italiani in mani bizantine. Infatti, a seguito di questo matrimonio, si sperava che Germano Giustino potesse essere accettato dagli ostrogoti quale loro governatore imperiale; tuttavia, Germano Giustino morì nel 551, rendendo vano il tentativo di un ricongiungimento dinastico tra Occidente ed Oriente in un momento in cui era ancora in corso la guerra greco-gotica.
Tra le diverse ed autorevoli ipotesi qui illustrate, la più suggestiva, sotto il profilo storico, appare quella avanzata da Wroth [BMC Vand, pp. xxxvi-xxxvii], la quale teorizza, con tutte le riserve del caso, che le monete in questione possano essere state coniate, tra il 550 ed il 551, al fine di sostenere l'auspicata unione dinastica, di cui sopra, in vista della prevista spedizione in Italia di Germano Giustino e Matasunta. Da qui, per mezzo del monogramma di Matasunta, l'unione del nome dell'imperatore bizantino con quello della dinastia reale ostrogota degli Amali. In base a quanto esposto, le zecche di emissione di queste monete potrebbero essere quella di Ravenna, qualora si identificassero esemplari ritenuti genuini (anche tra quelli già conosciuti) delle monete del primo tipo, e di un'altra zecca, incerta, forse Costantinopoli o Cartagine, per le monete del secondo tipo.