Queste monete da 10 centesimi di acmonital, costituiscono una coniazione sperimentale, effettuata nella zecca di Aosta (stabilimenti Cogne) con "materiale creatore" predisposto precedentemente a Roma.
I pochi esemplari conosciuti di questa moneta differiscono notevolmente l'uno dall'altro, sia per il peso, che varia da 2,63 a 2,92 grammi, sia per l'aspetto, che delle volte si presenta male impresso ed altre volte meglio impresso ma con superficie quasi spugnosa. Tutti questi pezzi sono fortemente magnetici.
Data la scarsità degli altri metalli, in quel periodo impiegati nell'industria bellica, questa moneta costituisce un esperimento di monetazione in acciaio che rimase però allo stadio di esperimento tecnico a causa del precipitare degli eventi bellici. I conî di questa moneta furono preparati per la realizzazione di un progetto per la monetazione di Vittorio Emanuele III per il regno d'Italia; infatti, la data della moneta, l'anno XXI dell'era fascista che terminava il 27 ottobre, dimostra inequivocabilmente che la loro realizzazione avvenne nel periodo antecedente alla caduta del fascismo. Per contro, la Repubblica Sociale Italiana, utilizzando i conî precedentemente preparati, provvide alla realizzazione di questa emissione sperimentale. Quindi, lo studio e la realizzazione dei conî sono attribuibili alla monetazione del regno d'Italia; invece, la realizzazione delle monete è da attribuire alla Repubblica Sociale Italiana.
Infatti, dal Registro Materiale del Magazzino Materiale di Incisione della zecca di Roma, risulta che, in data 13 aprile 1944, furono consegnati al capitano Pietro Martinelli (che 20 giorni dopo diventò il questore di Aosta) le matrici ed i punzoni delle monete da 50 centesimi, 20 centesimi e 10 centesimi di acmonital; detto materiale non fu mai reso alla zecca di Roma.
In merito a questa moneta da 10 centesimi di acmonital, si è succeduta una controversa letteratura. Il primo a parlarne fu Spaziani-Testa [1952, pp. 49-50], il quale attribuì l'emissione di questa moneta alla Repubblica Sociale Italiana, ipotizzandone la coniazione di 1.000 pezzi, di cui una piccola parte inviata a Brescia e posta in circolazione, mentre la parte rilevante dell'emissione sarebbe stata poi distrutta a Roma. All'articolo citato rispose D'Incerti [1956, pp. 146-148], attribuendo la moneta in oggetto al regno d'Italia ed affermando che ne furono battuti a Roma alcuni esemplari a titolo di saggio, compresi i due conservati presso il Museo della Zecca di Roma, ed altri esemplari ad Aosta, ma sempre sotto il regno d'Italia. Quindi fu la volta di Pagani [1957, p. 58, n. 354], che riprese per intero il pensiero di D'Incerti. A questo punto Hallheimer [1958, pp. 70-74], allineandosi agli ultimi due autori citati, attribuì questa moneta al regno d'Italia, precisando che fu battuta, sia a Roma sia ad Aosta, in 42 esemplari, dei quali 20 inviati a Brescia e 12 a Roma, 10 dei quali deformati e distrutti. A rompere lo schema dominante ci pensò Santamaria [1959, nota dopo il n. 825], il quale attribuì questa moneta sperimentale alla Repubblica Sociale Italiana. A tale contributo, non si fece attendera la risposta di Pagani [1959, pp. 70-74], che ribadì il suo pensiero. Va detto, ad onor di cronaca, che tutto il materiale sin qui indicato, frutto di supposizioni e di "informazioni testimoniali" non precisate, non fu sostenuto da alcuna prova ed è a questo punto che Santamaria [1961, pp. 10-21], forte di prove documentali, può tornare sull'argomento in questione. Infine, è la volta di Simonetti [III, pp. 192, 283, n. 244/1], che ignora il decisivo contributo di Santamaria e, riferendosi al solo Pagani, attribuisce questa moneta sia alla zecca di Roma sia a quella di Aosta, catalogandola, in base alla data ed all'autorità emittente riportate sulla stessa, nella monetazione del regno d'Italia. Tuttavia, come abbiamo poc'anzi evidenziato, è solo grazie a Santamaria che è stato possibile fare chiarezza in merito alla certa attribuzione di questa moneta alla Repubblica Sociale Italiana.
Santamaria, dopo avere scritto all'allora direttore della zecca di Roma Pasquale Carbone, in merito all'attività della Sezione staccata della zecca di Aosta nel periodo dal 26 luglio 1944 al 4 giugno 1945, ottenne due lettere di risposta: una datata 18 novembre 1958 e l'altra datata 28 luglio 1960 [v. oltre].
Contenuto della lettera del 18 novembre 1958 [Santamaria 1961, pp. 13-14]
- Le monete di acmonital da 10 centesimi, datate 1943-XXI e contrassegnate con il marchio della zecca di Roma, furono coniate a titolo di esperimento presso la zecca di Aosta, sembrerebbe in 32 esemplari, di cui 20 (secondo le dichiarazioni verbali dell'incisore capo Pietro Giampaoli) consegnati alla Direzione Generale del Tesoro, allora distaccata a Brescia, e 12 riportati a Roma all'epoca del ritorno dei macchinari e dei materiali della zecca di Aosta. Di questi ultimi pezzi, 10 furono deformati e 2 consegnati al Museo della Zecca di Roma.
- Tali esperimenti, coniati ad Aosta, furono prodotti con materiale creatore precedentemente allestito a Roma.
- Nell'aprile del 1944 fu spedito ad Aosta, a mezzo di autotreni, materiale vario per la costituzione di una vera e propria officina monetaria, sia pure di modeste capacità produttive, con personale direttivo, tecnico ed amministrativo.
- La Sezione Staccata Autonoma della zecca di Aosta fu istituita con DM 422/1944, con il preciso compito di coniare le monete divisionali da 50 centesimi e 20 centesimi.
- Oltre ai pochi pezzi da 10 centesimi sperimentali, furono coniati ad Aosta, nel periodo dal 26 luglio 1944 al 4 giugno 1946, sempre con materiale creatore allestito precedentemente a Roma, n. 2.053.000 pezzi da 20 centesimi, peraltro non riconoscibili da quelli emessi a Roma per il regno d'Italia, su un totale di 6.000.000 di tondelli preparati dalla Società Cogne per la zecca di Aosta.
- Furono allestiti in Aosta alcuni conî rovesci recanti, in luogo della lettera r, la lettera a; tuttavia, questi non furono utilizzati per alcuna coniazione di monete. Successivamente, ritornata la zecca a Roma, furono tutti deformati.
Contenuto della lettera del 28 luglio 1960 [ibid.]
- Nel cartellino n. 175 del Museo della Zecca di Roma, riguardante i due esemplari del pezzo sperimentale da 10 centesimi di acmonital, battuti ad Aosta, è riportata la dizione "Zecca di Aosta", che esiste da quando è stato compilato il predetto cartellino che peraltro non è stato mai cambiato.
Tuttavia, rimanendo nel campo delle ipotesi, è possibile che la moneta sperimentale da 10 centesimi di acmonital possa essere stata battuta in pochi esemplari anche a Roma, anche se, se così fosse, non si spiega il fatto del perché non furono consegnati, da questa zecca, i consueti due esemplari al Museo della Zecca di Roma e perché, nonostante quella scrupolosa relativa alla zecca di Aosta, manchi la rendicontazione relativa all'eventuale battitura effettuata a Roma. Resta il fatto che occorre giustificare la provenienza dei pochi esemplari di questa moneta apparsi nel mercato, che potrebbero fare parte del contingente di 20 pezzi consegnati, a suo tempo (in base alle dichiarazioni del Giampaoli), alla Direzione del Tesoro di Brescia, ma di cui non esiste alcuna documentazione. Pertanto, sulla base delle fonti disponibili, non possiamo fare altro che attribuire questa emissione sperimentale alla sola zecca di Aosta per conto della Repubblica Sociale Italiana.
Come abbiamo visto, nella zecca di Aosta si procedette all'allestimento di alcuni conî del rovescio di nuove monete da 50 centesimi e 20 centesimi con la a di Aosta anziché la r di Roma. Quindi, anche per queste monete fu previsto il dritto recante l'effigie di Vittorio Emanuele III; tuttavia, i conî non furono utilizzati e furono poi deformati a Roma. Non è dato sapere se, oltre ai citati 20 centesimi, furono coniati anche i 50 centesimi, che, peraltro, non sarebbero distinguibili dalle analoghe monete battute per il regno d'Italia.