Di questa moneta d'oro da 20 lire datata 1908, del tipo "Aquila spiegata", si conoscono otto esemplari, tre coniati nel 1908 ed altri cinque, di cui non esiste alcuna rendicontazione ufficiale, riconiati successivamente. Lanfranco [1932a, p. 164] ci informa che, di questa moneta, furono coniati pochissimi esemplari (non specifica quanti) per la posa della prima pietra dell'edificio della Zecca di Roma sul colle Esquilino il 27 giugno 1908, per i quali non è stata fatta la regolare emissione e che, pertanto, debbonsi considerare come campioni. Secondo quanto riportato da Carboneri [1915b, p. 843, tab. A1], queste monete sarebbero state coniate in tre esemplari. L'esemplare di questa moneta posto nelle fondamenta del nuovo edificio della zecca di Roma è confermato in un articolo del coevo numero della RIN [1908, p. 504], nel quale è riportanto che "Nel masso travertino che formava la prima pietra, venne immessa con alcune monete dell'anno 1908 una pergamena colla seguente epigrafe: Vittorio Emanuele III Re d'Italia il XXVII Giugno MCMVIII pose la pietra augurale di una nuova zecca in Roma, officina e scuola dell'arte del conio, continuatrice di gloriose tradizioni, propagatrice di nomi e di fatti memorabili alle genti future".
La notizia dei tre soli esemplari conosciuti, riportata da Carboneri [v. supra], e della loro precisa collocazione, a cui si è sempre fatto riferimento, è stata ricavata dal cartellino autografo, redatto da Vittorio Emanuele III, che accompagnava la moneta della Collezione Reale: "Dono del Min. del Tesoro. Ne vennero battuti tre pezzi: 1) questo // 2) uno al Museo della Zecca // 3) uno messo il 27 Giugno 1908 nella fondazione della nuova Zecca."
In seguito, indagini della Guardia di Finanza, effettuate nei primi anni del Duemila, confermarono che queste monete furono coniate, inizialmente, in soli tre esemplari e, di questi, solo uno fu consegnato al Museo della Zecca di Roma. Tuttavia, nel citato Museo, sono conservati tre esemplari di questa moneta, uno accompagnato da una scheda di colore rosso intestata: "Monete Nazionali" e due accompagnati da una scheda di colore giallo intestata: "Prove e progetti di monete Nazionali"; inoltre, il cartellino identificativo che accompagna queste ultime due monete, intestato: "Notizie storiche e numismatiche", riporta la seguente nota: "Non è una prova ma una moneta. Riconiazione postuma (1926?)". Pertanto, le indagini della Guardia di Finanza stabilirono che, successivamente alla prima emissione dei tre pezzi fino ad allora noti, fu effettuata una seconda coniazione di un numero imprecisato di esemplari di questa moneta, che si distinguono da quelli coniati nel 1908 per la differente godronatura del contorno, più rada e del tipo delle successive monete da 20 lire in oro, e per i fondi opachi anziché speculari. Quanto riportato, ha fatto supporre a Luppino (l'ufficiale della GdF che condusse le indagini) che l'accertata riconiazione della moneta d'oro da 20 lire del 1908, sia avvenuta, in Zecca, presumibilmente nel 1926 [Luppino 2009, pp. 406-412].
Nel corso delle sopraciate indagini effettuate dalla Guardia di Finanza nei primi anni del Duemila, fu accertata, presso la Collezione Reale, la mancanza di alcune monete della massima rarità; inoltre, altre monete, sempre della massima rarità, risultarono essere dei falsi. Infine, in abbinamento al cartellino manoscritto del Re afferente alla moneta d'oro da 20 lire del 1908, qui in oggetto, fu trovata una moneta dello stesso tipo datata però 1905. A seguito della consultazione dei registri con i nominativi delle persone che ebbero accesso alla Collezione, ne fu rilevato uno che di acessi ne ebbe diversi ma che, nel frattempo, era deceduto. La perquisizione che seguì la verifica dei registri, effettuata dalla Guardia di Finanza presso l'abitazione della vedova di questa persona, portò al ritrovamento di un esemplare della moneta in oggeto che, sequestrata, fu consegnata al Medagliere del Museo Nazionale Romano; tuttavia, detta moneta fu rifiutata dall'Ente in oggetto in quanto fu negata la possibilità di aver subito dei furti o delle sostituzioni di monete, cosicché la medesima moneta fu restituita alla persona a cui fu sequestrata. Dopodiché, la moneta in oggetto fu venduta, tramite l'intermediazione di una nota Casa Numismatica, alla cifra di 80.000 euro.
Successivamente, nel catalogo della Casa d'Aste sammarinése Aurora Spa n. 33 del 18 marzo 2025, lotto n. 254, è comparso un esemplare del 20 lire 1908 con i fondi speculari e la godronatura del contorno fitta, raffigurato nella presente scheda, presumibilmente quello sequestrato dalla Gurdia di Finanza, poi riconsegnato ed infine venduto.
In merito a quanto affermato da D'Incerti [1956, p. 116], senza citare alcuna fonte: "Il primo di questi [pezzi] fu unito alla pergamena nella pietra inaugurale [dell'edificio della zecca, assieme a tutta la serie del 1908]; un secondo fu offerto a Sua Maestà [che inserì nella Collezione Reale e qualche altro [senza specificare quanti] alle autorità presenti; due pezzi, infine, furono assegnati al Museo della Zecca [di Roma], possiamo agevolmente constatare che, a parte la citazione dell'esemplare destinato alla pietra inaugurale dell'edificio della nuova Zecca, le sue indicazioni risultano non concordare con i fatti; infatti, l'esemplare destinato al Museo della Zecca è solo uno e non due, come dimostrato pure dal cartellino manoscritto del Re. Ciò deriva dal fatto che D'Incerti era a conoscenza della consuetudine in merito alla consegna in detto Museo di due pezzi di ogni moneta prodotta, ma non aveva alcuna contezza in merito a questa specifica consegna; inoltre, la segnalazione in merito a monete distribuite a vari dignitari, anchessa una consuetudine, fu dovuta, sicuramente, al fatto che egli stesso entrò in possesso di un esamplare della moneta da 20 lire del 1908, ma del secondo tipo, quello postumo, in quel momento non ancora identificato. Da qui l'errata ipotersi dei diversi esemplari coniati.
Va comunque rilevato che l'individuazione del 1926 quale anno di riconio di queste monete risulta essere in contrasto con il fatto che nel catalogo dell'asta Florange-Ciani 1922/901, dove fu dispersa la collezione del conte Philippe De Ferrari de La Renotière, comparve un esemplare di questa moneta riconiata, poi aggiudicato a 410 franchi. Dal momento che Philippe De Ferrari de La Renotière scomparve nel 1917, appare evidente che la ribattitura di queste monete avvenne sicuramente prima di quest'ultima data. Un altro esemplare di questa moneta riconiata apparve nel catalogo dell'asta Sotheby & Co 1954/998, dove fu dispersa la collezione dell'ex re d'Egitto Fārūq. Infine, un ulteriore esemplare dello stesso tipo, aggiudicato a 130.000.000 di lire più diritti, apparve nel catalogo dell'asta Varesi 2000/60, relativa alla vendita della collezione di Vico D'Incerti; nella didascalia posta in calce alla moneta, si legge quanto segue: "Di questa moneta, coniata in occasione della posa della prima pietra del nuovo edificio della Zecca, avvenuta il 27 giugno 1908, vennero prodotti solo 10 esemplari; è forse il pezzo più raro di tutta la serie contemporanea italiana". Notizie, queste, provenienti certamente dalla famiglia D'Incerti, ma che, come abbiamo avuto modo di accertare, si riferirebbero alla coniazione complessiva dei due tipi della moneta.
Dal momento che nel Museo della Zecca di Roma è conservata una moneta di bronzo da 10 centesimi del 1908, accompagnata dal cartellino identificativo in cui, come per due i pezzi d'oro da 20 lire del medesimo anno, è riportata la nota: "Riconiazione postuma (1926?)", riteniamo che quest'ultima data costituisca, presumibilmente, l'anno in cui i riconî in oggetto, del 20 lire e del 10 centesimi, furono consegnati al Museo della Zecca di Roma e non quello della loro produzione, avvenuta, tenendo conto dell'asta Florange-Ciani del 1922, certamente prima.
Secondo Lanfranco [1932a, p. 164], le monete d'oro da 20 lire datate 1908, per le quali non fu fatta la regolare emissione, debbonsi considerare come campioni; tuttavia, essendo queste ricavate dal modello delle monete emesse per la circolazione e rientrando il quantitativo prodotto nel contingente stabilito dalla legge, sono da considerarsi, a nostro parere, come monete a tutti gli effetti.