La serie completa del 1940-XVIII fu presentata, come da consolidata tradizione, dall'allora direttore della zecca, Ernesto Rizzo, a Vittorio Emanuele III nei primi mesi del 1940. La serie era contenuta nel solito astuccio di marocchino azzurro, con impressa in oro sul piatto la sigla della regia zecca circondata dai nodi d'amore (di Savoia) e sormontata dalla corona reale. L'astuccio conteneva dieci monete: 100 lire d'oro; 20 lire, 10 lire e 5 lire d'argento; 2 lire, 1 lira, 50 centesimi e 20 centesimi d'acmonital; 10 centesimi e 5 centesimi di bronzital. Tutte queste monete furono coniate dalla regia zecca; tuttavia, la rendicontazione della fabbricazione della moneta da 100 lire d'oro e di quelle da 20, 10 e 5 lire d'argento non risulta essere compresa in ciò che rimane della documentazione coeva della zecca. A tale proposito va segnalato che la parte dell'archivio della zecca che aveva superato le vicende della seconda guerra mondiale fu smantellato per ragioni di spazio; in parte, ritenuto inutile, fu distrutto - come risulta da regolare verbale - e la parte riguardante i documenti inerenti le spese e i ricavi fu inviato all'Archivio Generale di Stato [D'Incerti 1970, pp. 166-168]. Sia la moneta d'oro da 100 lire sia quelle d'argento da 20, 10 e 5 lire del 1940-XVIII non risultano essere presenti nel Museo della Zecca di Roma, al quale per disposizione di legge sarebbero dovuti pervenire due esemplari di ciascuna moneta, medaglia o prova coniate nella zecca stessa. Tuttavia, sul cartellino che accompagna la moneta da 100 lire donata a Vittorio Emanuele III, da lui manoscritto, vi è scritto "Dono della Banca d'Italia". Questo dono, potrebbe testimoniare una volontà comune, da parte sia della zecca sia della Banca d'Italia, di ricordare l'anno in cui ricorreva il quarantesimo anniversario di regno di Vittorio Emanuele III, che cadeva il 29 luglio, quindi nel XVIII anno dell'era fascista. Pertanto, la zecca potrebbe avere deciso di coniare sia la moneta d'oro sia quelle d'argento a completamento della serie con tutti i tagli previsti dalle leggi allora vigenti. Per quanto concerne le monete d'argento, è verosimile ipotizzare che si decise di non utilizzare quelle previste per i numismatici in quanto l'anno XVIII era già stato attribuito alle monete datate 1939. D'Incerti [1972, p. 245], basandosi sulla testimonianza di un vecchio funzionario del Tesoro, ritiene che per le monete d'argento in oggetto non siano stati coniati più di cinque pezzi cadauna.
Dopo il passaggio della zecca italiana dal Ministero del Tesoro all’Istituto Poligrafico dello Stato [L 154/1978], dalla Tesoreria Centrale furono acquisiti alcuni barili ed alcune bisacce contenenti monete d’oro, preziosi e medaglie, già depositati in cauta custodia presso la zecca. Nel 1992, con decreto del Ministro del Tesoro del 25 maggio, ad un’apposita Commissione di esperti, appartenenti alle Amministrazioni del Tesoro, dei Beni Culturali e dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, venne assegnato il compito di procedere alla ricognizione, catalogazione e valutazione delle monete e dei valori esistenti presso la Tesoreria Centrale dello Stato o presso la zecca [Cardarelli, Martano 2000, pp. 150 e ss]. I lavori di verifica terminarono nel 2009. Oltre a una grandissima quantità di monete in oro di circolazione, specialmente sterline, marchi, franchi e dollari, il fondo esaminato dalla Commissione interministeriale rivelò l’esistenza, per la parte italiana (oltre 10 mila pezzi), di un significativo numero di monete per collezionisti, emesse dallo Stato ed evidentemente rimaste invendute. Tra le monete in oro emesse a nome di Vittorio Emanuele III sono da segnalare le 100 lire del tipo Aquila sabauda [Aquila spiegata] del 1903 (alcune decine di esemplari) e del 1905 (pochissimi esemplari); quelle del 1923 con il tipo del Fascio littorio, emesse per il primo anniversario della marcia su Roma (oltre 5 mila pezzi); quelle del 1925 emesse per celebrare i primi 25 anni di regno di Vittorio Emanuele III con il tipo Vetta d’Italia [Fante vittorioso] (parecchie centinaia di esemplari); alcune prove in oro delle 100 lire del 1931 del tipo Italia su prora [Italia marinara] modellate dal Romagnoli (anni ’31/IX, ‘31/ X e ‘32/X ); le 100 lire del 1936 con il Littore di primo tipo e del 1940 con il Littore di secondo tipo (alcuni esemplari, tra cui alcuni pezzi di prova del 1940-XVIII proof). Consistente anche il lotto dei pezzi da L. 50 del 1936 anno XIV della serie dell’Impero [Insegna romana] (tra cui alcune prove) e la serie completa del Boninsegna del 1912 con il tipo dell’Aratrice [Italia aratrice] (nel complesso parecchie centinaia di pezzi), oltre ad un consistente numero di esemplari diversi tra loro per taglio, anno di emissione e metallo [Balbi de Caro 2012].
Dunque, per la prima volta, rileviamo, in documenti di una Commissione interministeriale, la rendicontazione di "alcuni esemplari" della moneta da 100 lire 1940, ufficialmete nelle disponibilità della zecca. Pertanto, il ritrovamento sopracitato dimostra che le monete in oggetto furono coniate su iniziativa della regia zecca e non di qualche suo funzionario per scopi "personali".
Della moneta d'oro da 100 lire del 1940-XVIII non fu fatta la regolare emissione. Tuttavia, essa fu coniata dalla zecca in base alle disposizioni contenute nel RD 2510/1936, che definiva le caratteristiche delle monete imperiali d'oro, nel successivo RDL 1745/1936, art 1, che ragguagliava il valore intrinseco della lira italiana a 4,677 grammi di oro fino per ogni 100 lire di valore nominale, e nel RD 1738/1937, che autorizzava la fabbricazione e l'emissione delle monete da 100 lire d'oro del tipo Littore del 2° tipo. Inoltre, occorre ricordare che la zecca, secondo la L 788/1862 - base del sistema monetario italiano - poteva liberamente coniare le monete d'oro sino al limite massimo del quantitativo fissato dal decreto a fronte della semplice richiesta di privati che avessero fornito il corrispondente quantitativo di metallo da lavorare e pagato il relativo diritto di coniazione. Per la moneta dello stesso tipo del 1937 le richieste si limitarono a soli 249 esemplari. Negli anni successivi forse non si raggiunse un numero adeguato di richieste per effettuare la coniazione delle 100 lire. Tuttavia, dal momento che la moneta da 100 lire d'oro del 1940-XVIII esiste, è del tutto evidente che alcune persone influenti chiesero alla zecca di coniarla e che gli altrettanto pochissimi esemplari coniati in più rimasero, invenduti, nelle disponibilità della zecca. Infine, va detto che l'esiguo numero di pezzi coniati di questa moneta rientra nel contingente previsto dalla legge. Pertanto, alla luce di quanto rilevato, queste monete sono da considerarsi, a nostro parere, come monete vere e proprie a tutti gli effetti.
Come abbiamo visto, per la prima volta sono stati citati degli esemplari di prova della moneta da 100 lire del 1940, di cui peraltro non ve ne era alcuna necessità dal momento che già esistevano quelle del 1937, che, sorprendentemente, risulterebbero essere stati coniati in qualità "proof". Tuttavia, occorre considerare il fatto che non è dato a sapere se le citate prove siano state considerate tali solo perché si presentano in qualità "proof" o anche perché riportano, nel rovescio, la canonica scritta prova. In ogni caso, indipendentemente dal fatto che le monete in oggetto riportino o meno la scritta prova, noi non lo crediamo, è del tutto verosimile che si sia scambiata la conservazione fior di conio con i fondi speculari con la qualità "proof", la quale, come si sa, si ricava dalla lavorazione di tondelli creati appositamente allo scopo.